Sei appassionatə di cartografia? Ti chiedi cos’è un mapathon? Vuoi renderti utile ma non hai tanto tempo da dedicare al volontariato? Vieni a scoprire il volontariato cartografico, al servizio delle comunità locali in Italia e nel resto del mondo. Ci accompagnano il geografo Giuseppe Maria Battisti e l’operatore umanitario Davide Campo di Map For Future.
Cos’è Map For Future?
Map For Future è un gruppo aperto di appassionati di cartografia ed un laboratorio di volontariato cartografico digitale. Il suo obiettivo è supportare uno sviluppo sostenibile.
“Mappiamo il presente per un futuro migliore”, come dice il nostro motto, attraverso 3 elementi chiave: un partenariato, una mappatura volontaria e una pianificazione partecipata.
Map For Future è nato per colmare le lacune esistenti in termini di dati, cartografici e non solo, in aree svantaggiate. Nel contesto attuale, i grandi provider come Google o Bing orientano la loro attività di mappatura in funzione dei profitti, escludendo moltissime aree.
Noi come volontari mettiamo a disposizione le nostre competenze scientifiche per le autorità e i gruppi che sono attivi in questi luoghi. Vogliamo dare a chi è attivo in un territorio gli strumenti per prendere decisioni ragionate e fare una pianificazione partecipata.
Lo facciamo sia per realtà locali italiane sia per regioni all’estero, penalizzate perché isolate, particolarmente vulnerabili o in contesti difficili.
Abbiamo cominciato promuovendo a Roma l’attività del mapathon, che all’estero è già abbastanza conosciuta, ma in Italia si svolgeva pochissimo, nel marzo 2019 in collaborazione con un’associazione delle Nazioni Unite che si chiama UN Mappers .
In un solo anno di volontariato digitale abbiamo fatto iscrivere circa 300 persone come nuovi volontari sulle piattaforme di cartografia digitale, come Openstreetmap.
Cos’è un mapathon?
Il termine fa riferimento alle maratone sportive, letteralmente un mapathon è una maratona cartografica. Si tratta di un workshop, con 1 o 2 docenti di riferimento che spiegano l’utilizzo della piattaforma open source che utilizziamo, cioè Tasking Manager.
Un mapathon è sempre focalizzato su un progetto specifico. C’è sempre un’organizzazione locale, alla quale servono dati su un’area geografica specifica e che sulla piattaforma spiega il proprio progetto.
La piattaforma può essere veramente utilizzata da tutti, basta registrarsi e accedere sul portale. Non ci sono limiti di età, né requisiti professionali in questo tipo di attività. Il laboratorio di cartografia è facilitato, nel senso che i compiti sono molto semplici.
Si sceglie un elemento, antropico o naturale, e si mappa quell’elemento all’interno dell’area di interesse. Ad esempio potremmo occuparci del sistema viario e disegnare le strade attraverso un comando semplicissimo che è la linea.
Il lavoro collettivo del mapathon si fonda sull’idea di unire gli sforzi per ottenere qualcosa di concreto, e allo stesso tempo sensibilizzare su una problematica, ed informare su un progetto locale. Si tratta di obiettivi specifici e quantificabili. Ad esempio potremmo voler mappare 10.000 edifici o X villaggi o X chilometri di strada entro un certo limite di tempo. Ed è una cosa che si fa insieme, tante persone che si attivano allo stesso tempo per raggiungere questo obiettivo.
Dopo la mappatura volontaria interviene un team di validatori professionali, con una conoscenza approfondita della cartografia, che può correggere eventuali errori nei dati caricati.
Come può la cartografia digitale contribuire a raggiungere gli obiettivi di sviluppo sostenibile?
Questa tipologia di mappatura permette un investimento di risorse umane e di tempo, molto esiguo rispetto a quello di una mappatura con soli tecnici specializzati. I costi di un’attività del genere, utilissima per la gestione del territorio, sono spesso proibitivi per tante piccole città o interi Paesi poveri di risorse.
Utilizzare un sistema di software open source permette di ridurre i costi di realizzazione, altrimenti inaccessibili per dei piccoli operatori. Lo sforzo collettivo di centinaia di persone, che fanno la stessa cosa allo stesso tempo, permette di collezionare molto rapidamente un’incredibile quantità di dati .
Map For Future, attraverso delle competenze cartografiche, supporta i progetti e le azioni sul campo di associazioni, ONG, operatori e autorità locali, in Italia e all’estero, in svariati settori, corrispondenti a diversi obiettivi di sviluppo sostenibile.
Per esempio abbiamo combattuto il fenomeno della mutilazione genitale femminile, attraverso la redazione di cartine geografiche che raffigurassero all’interno di una regione della Tanzania rurale i villagi in cui questa pratica è tuttora in uso.
Ma soprattutto abbiamo fornito una mappatura delle Safe House, i luoghi sicuri dove possono rifugiarsi le ragazze. Giovani che, per fuggire da queste procedure dolorose e traumatiche, sono costrette ad allontanarsi dalle loro stesse famiglie.
Questo lavoro, realizzato in partnership con la ONG locale Tanzania Development Trust, aveva un duplice scopo. Da un lato fornire agli operatori e al pubblico in generale informazioni sui rifugi per le donne. Dall’altro localizzare i villaggi in cui questa pratica è ancora diffusa. In questo modo l’organizzazione può inviare degli operatori per sensibilizzare le famiglie sui rischi e sulle conseguenze negative, fisiche e psicologiche, della pratica.
Le mappe possono avere anche lo scopo di proteggere l’ambiente. Ad esempio abbiamo creato una web map del Perù per focalizzare l’attenzione sugli sversamenti inquinanti nei fiumi dell’Amazzonia, per monitorare la presenza di sostanze tossiche, derivanti dall’attività mineraria o da interventi erronei di manutenzione delle tubature idriche da parte delle autorità pubbliche.
Mappe per l’emergenza e lo sviluppo
Map For Future contribuisce anche a combattere le crisi climatiche, supportando l’intervento in seguito a catastrofi naturali. Per fare un esempio, dopo una forte inondazione avvenuta nelle Filippine, con le strade invase dalle acque e non più percorribili, abbiamo mappato attraverso immagini satellitari i percorsi alternativi, disponibili per i soccorsi.
Ricordiamo che, ad esempio, la piattaforma di mappatura condivisa Open Street Map nasce proprio in un contesto di emergenza. Precisamente nel 2008, quando in seguito agli attacchi israeliani a Gaza, si rese necessario trovare rapidamente dei percorsi alternativi per le operazioni di soccorso.
Accanto a questi usi della cartografia digitale relativi all’emergenza, ce ne sono altri relativi allo sviluppo sostenibile, come nel caso del progetto in Somaliland.
Il Somaliland è una regione autonoma, non riconosciuta dalla Somalia nè da molti altri Paesi, tra cui l’Italia. Con i colleghi somali del gruppo GIS & Cadastral Survey, abbiamo prima creato la piattaforma Geoportal of Hargeisa, portale che raccoglie tutte le informazioni geospaziali.
In seguito, abbiamo lavorato alla mappatura della cittadina di Waajale. Un punto strategico al confine tra Somaliland e Etiopia, snodo commerciale tra la capitale etiope e la costa del Somaliland.
Fornendo le nostre competenze e creando la piattaforma, in collaborazione col Ministero dell’Agricoltura in loco, abbiamo raccolto tutta una serie di informazioni sia quantitative che qualitative, trascurate dalle imprese che creano mappe interattive, a causa dell’isolamento della regione.
Questi dati geografici servono alle autorità locali per una pianificazione urbana delle città come Waajale, in una maniera sostenibile e partecipata.
La collaborazione prosegue e grazie ad un micro grant di Wikimedia Italia di 5.000 € che abbiamo vinto, i colleghi somali potranno svolgere un rilevamento sul campo di tutte le tipologie diverse di servizi pubblici, i servizi privati, servizi sanitari, servizi scolastici.
Mappe per le organizzazioni locali italiane
In Italia cerchiamo di valorizzare le associazioni locali, dotandole di uno strumento prezioso che è la web map. Una mappa interattiva, che permetta navigando di trovare in essa descrizioni, informazioni, contenuti interessanti, che permettono una vera interattività. Ad esempio trovare i contatti dell’associazione, progetti attivi e futuri, ecc.
Ad esempio con l’associazione romana Gli Amici di Conca d’Oro abbiamo realizzato una mappatura delle piste ciclabili della capitale. Abbiamo offerto strumenti per fare delle mappe e per continuare a raccogliere dati sul campo ed aggiornarle.
Abbiamo poi svolto un mapathon con Gaeta mapping, un progetto che serve per la raccolta di informazioni del servizio idrico pubblico, come le fontanelle o i reperti storici archeologici della provincia di Gaeta, ma non solo.
Ci stiamo avviando a mappare anche altre città come Pomezia, in cui abbiamo scoperto esserci oltre 500 edifici industriali inutilizzati in stato di abbandono. L’idea è evidenziare all’autorità pubblica la presenza di tali edifici per stimolare una riqualificazione urbana o una riconversione. Dall’uso industriale ad altri tipi di servizi, come ad esempio una trasformazione in strutture sportive.
C’è tutto un mondo dietro alla cartografia. Dietro ogni mappa ci sono attivisti e operatori che lavorano sul campo e che utilizzano quelle informazioni, mettendole al servizio delle comunità e delle autorità locali.
Cosa consigliate a chi vuole avvicinarsi per la prima volta alla cartografia digitale?
All’interno di Map For Future ci sono persone con profili molto diversi: cartografi, ma anche ingegneri, biologi, archeologi, operatori umanitari. Questo dimostra che chiunque può partecipare, senza dover essere un professionista del settore.
È tendenzialmente una questione di curiosità. La prima cosa che ti porta ad imparare ad utilizzare uno strumento di visualizzazione cartografica è proprio la curiosità. Voler capire perché si utilizza e cosa si può realizzare con esso.
Bisogna considerare che l’ambiente della cartografia digitale è dominato dal concetto dell’open source. Per questo si possono trovare tantissime risorse in Internet sull’uso delle piattaforme e sui vari strumenti. Credendo fortemente nell’open source e nello scambio di informazioni, gli stessi membri delle comunità di queste piattaforme offrono aiuto a chi vuole avvicinarsi al settore.
In generale è un ambiente che per quanto sembri molto tecnico, è in realtà molto accessibile. Per iniziare, si possono imparare tante cose da soli, sfruttando le risorse disponibili.
Con Map For Future quello che possiamo consigliare è partecipare a uno dei nostri laboratori di volontariato cartografico che sono aperti a tutti. Questo è già un primo passo per capire gli strumenti. Per iniziare a muoversi sulle piattaforme di mappatura condivisa, bastano davvero solo un PC e un mouse.
Come gestite le relazioni con i partner?
Non si può realizzare alcun progetto senza mettere al centro la volontà dell’autorità pubblica o realtà locale che dovrà utilizzare quei dati. Ad esempio con il Somaliland il progetto è stato avviato solo dopo l’autorizzazione del Ministero dell’Agricoltura, per garantire l’utilità e la sostenibilità del lavoro nel tempo.
Elemento chiave, in questo come negli altri casi, è un processo di capacity building. Parte del progetto consisteva in una formazione del personale locale, per permettere agli stessi somali di gestire autonomamente tutte le informazioni e i mezzi tecnici che Map For Future forniva loro.
Altro aspetto fondamentale è tenere conto delle risorse disponibili per definire obiettivi raggiungibili e ragionevoli. Questo vale non solo per il Somaliland ma anche per l’Italia.
È essenziale poi instaurare delle relazioni e dei rapporti di fiducia. Quando si ha a che fare con i dati, soprattutto se sensibili, c’è il rischio di chiedere eccessivamente informazioni. Perdere di vista quello che si farà con i dati e quindi dove risiede l’utilità per le persone che ti hanno condiviso l’informazione.
Alla base di questo rapporto di fiducia e di scambio costruttivo c’è il chiedere quanto è necessario, per dare quello che effettivamente serve all’altra parte.
Inoltre bisogna sempre partire dalle priorità locali, noi di Map For Future scriviamo progetti sulla base delle priorità e delle criticità che ci hanno evidenziato i tecnici, le ONG, in generale gli attori locali.
E poi, solo in risposta a questo, mettiamo a disposizione le nostre competenze. Non dobbiamo cadere nella tentazione di esportare un modello, di far vedere quanto siamo bravi, ma sforzarci di andare incontro alle priorità delle persone.
Quali sono le prospettive della cartografia digitale nel contesto della cooperazione internazionale?
Negli ultimi anni, c’è stata una crescita esponenziale dell’interesse nella cartografia digitale. Ad esempio si sta investendo con tanti fondi sulla cartografia, sia nei contesti di cooperazione allo sviluppo, sia di aiuto umanitario. È cresciuto l’interesse tra ONG grandi e piccole, presso le Nazioni Unite, tra le organizzazioni locali e tra i governi.
Con l’emergenza COVID, si è puntato molto su attività di cartografia digitale perché si tratta di un supporto tecnico che si può fare da remoto.
Dalle nostre esperienze abbiamo capito come nella cooperazione internazionale sia importante fornire strumenti di raccolta e analisi dati. Ma soprattutto anche rendere autonomi i partner locali nel loro utilizzo.
Strumenti utili per la pianificazione urbana, il monitoraggio ambientale, il monitoraggio demografico, la pianificazione degli interventi di ingegneria civile, la tutela delle risorse naturali, ecc.
Inoltre le piattaforme open source (QGIS, Openstreetmap, Humanitarian Openstreet Map Team o Tasking Manager) permettono sempre di scaricare i dati e poter elaborare nuove analisi, con un monitoraggio continuo dei fenomeni che ci interessano.
Inoltre, la cartografia in generale è un metodo di appropriazione del territorio. Ed oggi sicuramente abbiamo bisogno di strumenti che ci aiutino a capire il territorio, e a gestire in maniera partecipata le situazioni critiche.
Nel fare questo con un metodo collaborativo, la cartografia digitale permette di utilizzare il minimo delle risorse e ottenere dei risultati in maniera rapida ed efficiente. Si tratta di un movimento dal basso verso l’alto. Tutto ha inizio dalle comunità locali, con associazioni o gruppi informali. Però poi è necessario sempre collegare ogni sforzo alle autorità pubbliche. Per far sì che i decision maker o stakeholders abbiano i mezzi per prendere decisioni di più ampia visione, grazie ad accurate mappature.
Da notare una cosa innovativa che sta accadendo in questo periodo: l’adozione nei Paesi cosiddetti sviluppati, di metodi e risorse, che prima si utilizzavano solo nel contesto dell’aiuto internazionale.
Finalmente ci siamo resi conto che ci sono problemi anche nei Paesi Sviluppati. Al cui interno esistono tante piccole comunità con poche risorse, ma che giustamente vogliono avere voce in capitolo nelle scelte del loro territorio.
In Somaliland, come a Gaeta o a Pomezia, la comunità locale vuole avere il controllo delle mappe, per avere dati e strumenti che le permettano di incidere sulla propria realtà.