Luca Serantoni ci racconta della sua esperienza come ricercatore prima e come tirocinante poi a Capo Verde
Tra sociologia e agricultura
Mi chiamo Luca, ho 27 anni, sono di Firenze e ora mi trovo a Capo Verde come tirocinante con la ONG Cospe onlus, all’interno di un progetto di sviluppo rurale ed empowerment femminile.
Come sono arrivato qui? I motivi sono vari e riflettono in qualche maniera il mio percorso. Da un lato ho sempre avuto un interesse per le tematiche sociali e le diseguaglianze, con uno sguardo verso il mondo. Dall’altro l’agricoltura è un settore che conosco bene, perché in Toscana ho spesso lavorato come giardiniere, operaio agricolo e olivicoltore.
Ho studiato prima scienze politiche alla triennale e poi ho frequentato il master di I livello “Futuro vegetale. Piante, innovazione sociale e progetto”, a Firenze. In seguito mi sono iscritto alla magistrale di sociologia a Trento.
A Trento ho partecipato all’ honor programme inter-ateneo TALETE – Talenti e Territori, con altri 11 compagni. Si tratta di un percorso molto interessante sulle interdipendenze globali, che si aggiunge ai corsi della laurea magistrale di appartenenza, aperto a studenti di alcune facoltà dell’università di Trento, tra le quali sociologia.
Lo scopo di TALETE è quello di mettere insieme diverse competenze e visioni per approfondire alcuni temi della cittadinanza globale e della cooperazione internazionale. All’interno del programma, corsi tecnici come quello sul project cycle management e l’europrogettazione e laboratori su competenze culturali e sul lavoro di gruppo, hanno preparato noi partecipanti a svolgere la tesi magistrale e un tirocinio post-laurea all’estero, in partnership con un’organizzazione.
Io ho scelto di contattare Cospe, che conoscevo perché ha una sede nella mia città, e da quanto ho potuto conoscerla attraverso i suoi eventi cittadini, mi sono sempre sentito affine ai suoi valori, e mi piacevano particolarmente i suoi progetti.
Le scuole di campo
Grazie a TALETE e a Cospe sono partito per Capo Verde, per una ricerca tesi sull’inclusione di donne nelle catene agroalimentari, all’interno del progetto Terra di valore, focalizzandomi sulle scuole di campo per agricoltori.
Le scuole di campo sono una strategia della FAO, che è stata implementata per la prima volta alla fine degli anni ‘80. Queste scuole sono nate per fornire una piattaforma partecipativa ad agricoltori e agricoltrici per trovare soluzioni collettive a problemi comuni.
Le scuole di campo nascono nelle comunità agricole del sud-est asiatico, per trovare delle soluzioni ai parassiti infestanti del riso. Successivamente si è sviluppata una vera e propria metodologia per ottenere miglioramenti nelle comunità partecipanti, non solo a livello rurale, ma anche rispetto a tematiche sociali.
La caratteristica delle scuole che più mi ha colpito, è che si promuove un processo che parte direttamente dai partecipanti. Sappiamo che, al contrario, spesso molti processi in ambito rurale vengono calati dall’alto. Le scuole di campo riportano proprio il processo di cambiamento degli agricoltori, che sono i veri protagonisti.
Il contenuto, diciamo così, della formazione della scuola dipende dalle coltivazioni che vengono scelte dai partecipanti e da quali problematiche vogliono affrontare. Ad affiancarli dei facilitatori che non insegnano, ma organizzano giornate e dinamiche, attività e giochi per lo scambio di esperienze tra i vari partecipanti, per far sì che loro stessi trovino delle forme per risolvere i problemi di partenza.
Si tratta di una forma di apprendimento non formale, con sessioni di solito settimanali, che avvengono direttamente nel campo. All’interno della scuola si predispongono uno di fronte all’altro due campi. In un campo vengono utilizzate le forme di coltivazione tradizionale, mentre nell’altro campo, vengono utilizzate delle forme alternative e sperimentali, come le tecniche agroecologiche delle consociazioni o la pacciamatura ad esempio.
Le sessioni della scuola si tengono durante tutto il ciclo di produzione del prodotto scelto. Se per esempio per il pomodoro abbiamo quattro mesi del ciclo di produzione dalla semina alla raccolta, la scuola di campo durerà quattro mesi. Poi ovviamente si può decidere di ripeterla, per continuare la trasmissione di conoscenze tra contadini, nel seguente ciclo produttivo.
Dalla ricerca tesi al tirocinio
Le mie attività di oggi come tirocinante riflettono in qualche maniera il mio lavoro di tesi. Per la mia ricerca sulle scuole di campo sono arrivato a Capo Verde l’ottobre dello scorso anno e ho trascorso a Ilha do Fogo tre mesi. Il mio obiettivo era verificare se attraverso le scuole di campo si può raggiungere una vera partecipazione nei processi di transizione ecologica.
La sede del Cospe è a Sao Felipe, a Ilha do Fogo, dove Cospe gestisce una parte del progetto, con scuole di campo nei 3 municipi di Santa Catarina, Mosteiros e Sao Felipe. Fanno parte del progetto anche due scuole di campo sull’isola di Santiago, gestite dal socio Coopermondo.
È stato un processo bellissimo quello della mia tesi. Mi ha emozionato e mi è piaciuto veramente tanto. La parte migliore della ricerca è stata intervistare i partecipanti del progetto, trovarmi proprio lì, di fronte agli agricoltori e alle agricultrici e poter conversare con loro.
Da questa esperienza ho capito che un processo di transizione agroecologica non è mai lineare. Dipende sempre dal contesto e dalle caratteristiche dei partecipanti. Non ha senso calcolare e pianificare un’idea, un processo di sviluppo rurale, senza prendere in considerazioni quali sono le istanze, le considerazioni, e le caratteristiche stesse degli agricoltori.
Quando sono tornato in Italia per scrivere la tesi, sono rimasto, diciamo “in ascolto” di quello che succedeva a Ilha do Fogo. In base a quello che avevo osservato delle scuole di campo con la mia ricerca, avevo lasciato un report finale all’organizzazione. D’altronde uno degli obiettivo di TALETE è che i partecipanti contribuiscano coi risultati della ricerca al lavoro dell’organizzazione ospitante.
Questo lavoro a Cospe è piaciuto e, anche per questo motivo, sono tornato per fare un tirocinio di sei mesi.
Ora ho un ruolo costruito su quello che ho appreso durante la ricerca tesi, sono fiscalicador, o supervisore e facilitatore delle scuole di campo. In pratica supporto tutte le attività delle scuole di campo, e in un’ottica di monitoraggio e apprendimento, capitalizzo le azioni di progetto che riguardano le scuole.
Questo tirocinio è per me una bellissima opportunità, perché mi permette di muovermi in un ambito veramente interdisciplinare e risponde ai miei interessi come sociologo e al mio amore per l’agricoltura e il mondo rurale.
Cosa mi ha trasmesso quest’esperienza a Capo Verde
Ho sempre avuto una passione per le tematiche sociali. E ho sempre voluto osservare le diseguaglianze e il mondo della solidarietà non solo nel mio contesto, ma anche in luoghi più lontani.
Con i miei studi e TALETE si è venuta a creare un’occasione, che mi ha avvicinato al mondo della cooperazione. Un primo gradino di un percorso dentro la cooperazione internazionale che ora so con sicurezza di voler intraprendere. Questo primo anno esperienza intanto è il momento più bello, perché ho capito di voler fare questo.
La ricerca tesi a Capo Verde mi ha insegnato sicuramente ad essere paziente. Perché le cose migliori arrivano, ma devono maturare, soprattutto in un lavoro che ti porta lontano, sia fisicamente sia a livello personale.
A chi si appresta a fare un’esperienza simile alla mia consiglio perciò di contrastare l’impazienza di vedere subito dei risultati, e osservare con uno spirito positivo ed interesse non solo i processi di cambiamento innescati dai progetti, ma anche il cambiamento personale che chi si trova a collaborare con una organizzazione all’estero in un Paese sconosciuto, sicuramente vivrà.
Adesso mi sento diverso rispetto a quando facevo la ricerca per la mia tesi, e mi sento diverso anche rispetto a quando ho iniziato il tirocinio. Soprattutto perché mi sono ritagliato via via col tempo, i miei compiti, i miei spazi, i miei ruoli, qui alla sede di Cospe. E questo mi sta regalando anche tanta soddisfazione, ad essere sincero.
Il secondo consiglio che mi sento di dare è proprio di non aspettarti che dall’organizzazione ti dicano esattamente cosa devi fare. L’ho capito quando sono arrivato che c’era tantissimo lavoro, le persone erano molto impegnate e io dovevo cercare di avere l’iniziativa, capire come e dove poter supportare loro e l’organizzazione. Da qui c’è bisogno di intuire come puoi aiutare in base alle tue esperienze e le tue caratteristiche, e senza legarsi troppo a dei Termini di Riferimento, crearti un tuo ruolo con energia.